venerdì 2 dicembre 2016

Il terribile anno del miele italiano: prodotte 470 tonnellate in meno

Se ne parla da luglio, da quando la Confederazione italiana agricoltura di Padova ha lanciato un allarme sul rischio di azzeramento della produzione di miele per l’anno 2016. La causa allora stava nelle piogge che avevano flagellato il Nord Italia a maggio e giugno, determinando la mancata fioritura di acacie e tigli. Alla motivazione naturale si aggiungeva poi il problema dei costi di produzione insostenibili, a partire dall’acquisto di un medicinale veterinario utilizzato per combattere un acaro che attacca le api. I numeri, già allora, erano drammatici: nel corso del 2016 la produzione di miele per gli apicoltori padovani si era ridotta dell’80 percento, determinando un aumento del prezzo del miele del 10-30 percento. Fatto sta che a settembre la drammatica stima numerica si è estesa al territorio nazionale, con il suo milione e mezzo di alveari. E così, per l’apicoltura italiana il 2016 risulta essere una delle peggiori annate degli ultimi 35 anni, con un crollo della produzione del 70 percento. La raccolta è stata decimata dai cambiamenti climatici e dai pesticidi, con punte di produzione zero per il miele d’acacia in Piemonte e Triveneto e per quello di agrumi in Sicilia e un rincaro del prezzo del 20 percento. Nel dettaglio, il miele di acacia bio è passato dalle 437 tonnellate prodotte nel 2015 alle 184 tonnellate del 2016; quello di acacia convenzionale da 266 a 91 tonnellate, per un totale di 428 tonnellate in meno. Mentre il miele di agrumi è sceso da 54 a 35 tonnellate per il bio e da 174 a 148 tonnellate per il convenzionale, per un totale di 45 tonnellate in meno. Eppure, non cala il numero degli apicoltori e degli alveari.
I dati allarmanti sono stati comunicati a inizio settembre dal presidente dell’Osservatorio Nazionale Miele Giancarlo Naldi e dal presidente Conapi (Consorzio nazionale Apicoltori) Diego Pagani al vice ministro alle Politiche agricole Andrea Olivero. Olivero ha commentato: «Siamo tra coloro che meglio lavorano in purezza. È necessaria una strategia complessiva per ragionare su tutto il comparto, a noi il compito di mantenere alto il livello di vigilanza e dare continuità alle iniziative di sostegno al settore. La qualità del miele non dipende solo dalle vantaggiose caratteristiche climatiche del Paese ma soprattutto dalla professionalità dei nostri apicoltori».
Il problema dei pesticidi. È la Federazione Apicoltori Italiani a indagare nello specifico il problema dei pesticidi. In un comunicato ufficiale, ha ribadito ancora una volta, come sempre dal 2008 a questa parte, i tremendi danni dei neonicotinoidi, antiparassitari che derivano dalla nicotina, introdotti come alternativa al DDT, ma ad azione neurotossica e pericolosa per le api.
A metterli sotto accusa è ora anche uno studio pubblicato sulla rivista britannica Proceeding of the Royal Society: l’Accademia Reale di ricerca della Gran Bretagna e del Commowealth, in collaborazione con Svizzera, Germania, Tailandia e Sud Africa, ha confermato che il ciclo di vita dei fuchi dell’ape produttrice di miele (Apis mellifera), se esposti a thiametoxam e coothianidin (due neonicotinoidi), si riduce notevolmente. Viene compromessa anche la fertilità dei fuchi, con una riduzione dello sperma del 39 percento rispetto agli insetti non contaminati e una riduzione di vitalità del seme. Di fatto, gli antiparassitari esercitano un’azione contraccettiva.
Dal Giappone arriva invece un’altra teoria: secondo il ricercatore Junko Tokumoto di Kobe, i neonicotinoidi hanno un effetto indiretto che condiziona le ghiandole ipogaringee delle api nutrici, che non possono più produrre proteine, grassi e vitamine per le larve. Resta il fatto che tutti gli studi evidenziano i neonicotinoidi come fattore di rischio a carico delle api e del loro ciclo riproduttivo. Che contribuisce, assieme a tutti gli altri, alla morìa delle api mellifere e alla conseguente e grave erosione della nostra biodiversità.

fonte: http://www.gardaweek.it/

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